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Quando apri gli occhi e dalla finestra non filtra un minimo di luce può significare solo una cosa: autunno. Buio, ma che dico buio, buio pesto. Di quelli che apri gli occhi sbattendo le palpebre una, due, tre volte, ma niente. E in più, freddo. Un freddo che, se non fosse per l’allergia alla pigrizia sviluppata in anni di sveglia alle 5:15, uscire dal letto sarebbe da considerarsi un crimine.
Ma non fatevi ingannare: novembre è molto di più e molto meglio di questa inclemente presentazione. E io sono molto meno brontolona di quello che sembro. È solo che adoro percepire il cambio di stagione. Dovevo nascere meteorologa. Ma ora basta, mi alzo, se no la prossima volta che dico che non sono pigra non ci crede più nessuno.
Oggi è domenica, lo so da quel leggero residuo di nostalgia per una settimana che finisce, misto all’entusiasmo per quella che inizia. Sì, avete capito bene, è novembre, è buio, fa freddo, sono le 5:15 e io sono entusiasta. Ve l’avevo detto che non ero poi così brontolona.
Anzi, stamattina crepi l’avarizia mi apro pure quel pacchetto di fette biscottate nuove, quelle agli otto cereali, un misto di farine nuove e antiche, né spesse né sottili, croccanti al punto giusto, che se ci mettiamo a fare bene i conti costano circa tremila lire a fetta. Ma io e il mio entusiasmo i conti stamattina non li facciamo, e poi guardate che i cereali costano e qui dentro ce ne sono ben otto.
Il tè è quasi pronto: seduta a tavola, mentre guardo fuori dalla finestra, tengo in mano una fetta piena di purissimi cereali pronta per essere inzuppata. Ma non la inzuppo, no, la tengo a mezz’aria, mentre sorrido inconsapevole dell’incredibile settimana che mi aspetta.
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