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Di bambini senesi, badanti e Carabinieri

Di bambini senesi, badanti e Carabinieri

Released Sunday, 10th August 2008
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Nei giorni scorsi siamo stati informati dal Corriere di Siena che i Giardini della Lizza erano stati “ripuliti” per la tranquillità di grandi e piccini.Immaginando che vi si svolgessero turpi traffici abbiamo letto gli articoli (che qui alleghiamo) scoprendo così che l’oggetto della pulizia erano badanti di varie etnie.Nicola Perugini, dottorando dell’Università di Siena, scrive un articolo che Il Manifesto pubblica integralmente.Non vogliamo aggiungere altro.Abbiamo voluto “partecipare” al dibattito scrivendo al Corriere di Siena: di seguito il testo:

Gentile Direttore,

siamo un gruppo di persone che, a Siena, si sono unite per dar vita ad una iniziativa che chiamammo “MediAzione, progetti per il diritto all’informazione”.

In questi giorni abbiamo seguito con estremo interesse quanto è scaturito dall’articolo che Nicola Perugini inviò al Manifesto e vorremmo svolgere alcune considerazioni, augurandoci risultino utili al dibattito.

Negli incontri pubblici da noi organizzati il soggetto primario è proprio il ruolo dei mezzi di comunicazione nell’informazione che giunge alla gente.

In una società in cui l’informazione e la conoscenza sono strumenti di potere, speravamo di sollecitare proprio il mondo mediatico a riflettere sul delicatissimo ruolo che ricopre chi è chiamato a “mediare” tra i fatti, le situazioni e la “percezione” di questi.

Percezione, appunto, non suggestione.

Ma quando si utilizzano, proprio nei media, paragoni, in questo caso mutuati dalla meteorologia, tra “percepito” e “reale” trattando di sicurezza, si è certi di non attuare forme di condizionamento nell’osservazione dei fatti, oltre che, in qualche modo, abusare della lingua italiana?

Non sarebbe responsabilità dei media aiutare nella “percezione della realtà”?

In questo caso la percezione della realtà mostrerebbe che il problema sicuramente non consiste nell’occupazione di panchine pubbliche da parte di cittadine, provenienti da altri Paesi, chiamate oltretutto a svolgere un compito umanissimo, cioè accompagnare i nostri vecchi nei loro ultimi anni.

Ma permetteteci di riprendere da capo.

Parlando con Nicola Perugini, abbiamo avuto la conferma che la scelta di rivolgersi ad un media nazionale fu dettata dal voler “utilizzare” il caso senese come semplice sintomo di un problema ben più generale.

Un problema, crediamo, di rapporto corretto tra i fatti ed la loro trasmissione, in cui il lessico fa la differenza: “invasione”, “non-integrazione”, “paura”, “clandestini”, “extra-comunitari”.

La percezione del reale mostra che non siamo affatto invasi, così come noi italiani non invademmo Germania, Svizzera, USA – ma anche il Maghreb, non dimentichiamolo! Eppure dicevano di noi che ci isolavamo, non ci integravamo, alimentavamo l’insicurezza … ma intervistati dai nostri giornalisti i nostri emigranti potevano replicare: “ci isolano, non ci integrano, ci discriminano”. Nascevano così i “bar degli italiani” e i parchi degli italiani, panchine comprese.

E queste ultime – le panchine – meritano servizi giornalistici in cui si usino termini quale “fare pulito”? Senesissima espressione, Direttore, usata non a caso anche in occasione di storiche scazzottate paliesche e quindi non meno brutale – e giornalisticamente pericolosa – del suo uso non senese (oggi, troppo spesso unita ad un altro temine di per sé “innocente”: etnia).

Qual’è, Signor Bertoncini, l’utilità giornalistica della mappa etnica delle panchine? Invero ci sfugge anche l’utilità “professionale” ma questa può essere osservazione da dilettanti.

E ancora. È l’immigrazione che alimenta la delinquenza ed il senso di insicurezza?

La delinquenza non ha patria. Ma la patria ideale della delinquenza è quel Paese in cui circa il 90% dei furti, l’80% delle rapine, ed il 50% degli omicidi rimane impunito. Cioè l’Italia.

Allora dove nasce il problema sicurezza? Nei barconi dei disperati o piuttosto nelle politiche di socialità, convivenza, cultura dell’accoglienza, da un lato e di prevenzione, indagine e giudizio adeguati dall’altro? Non sarebbe utile al dibattito ripubblicare quanto Giovanni Falcone scriveva sull’inadeguatezza dei sistemi succitati, subendo per questo, attacchi e calunnie sino al giorno prima della sua uccisione – per essere poi deificato proprio da coloro che lo isolarono prima?

Forse leggendo quelle pagine sentiremmo l’estrema tristezza nel veder portare soldati nelle strade, essendo in realtà la massima manifestazione di impotenza politica ed istituzionale, una sconfitta sociale, inutile e fuorviante: tutt’al più vedremo trasferiti i problemi nelle zone in cui minore sarà la presenza “armata” (politica dell’immagine: quella degli ex-sindaci di Napoli o di New York che “ripulirono” il centro trasferendo il caos nelle periferie).

Tristezza nel veder ribadite politiche fatte di interventi “sintomatologici” senza nessun respiro temporale, a partire dalle analisi delle cause oltre e dietro le sintomatologie.

Quindi, come si fa a minimizzare azioni come quelle della Lizza in cui non è in discussione la sicurezza, reale e/o “percepita” ma il disagio di veder occupate panchine da stranieri! In cui si arriva ad affermare che i nostri bambini e i nostri vecchi sono più sereni dopo l’avvenuto passaggio dei carabinieri: non andrebbe piuttosto fatto percepire che proprio questa mancanza di serenità è il problema?

I media oggi parlano di “pericoli” ed “invasioni” mescolando badanti a crimini, enfatizzando sino all’esasperazione il reato commesso da un “extra-comunitario” e omettendo di riportare i rapporti delle varie questure (quelli sì reali) che ridimensionano clamorosamente il pericolo sicurezza causato dagli immigrati (una nota internazionale a proposito delle selezionate “omissioni” giornalistiche: l’ultimo rapporto Interpol riferiva che dei circa 300 attentati in Europa nel 2007, tra sventati ed eseguiti, UNO è attribuibile al terrorismo islamico).

Certo è, Signor Bertoncini, che bisognerebbe usare sempre le parole giuste: noi non facciamo accoglienza, noi usiamo gli immigrati: li usiamo per rimpiazzare quanto i nostri giovani, grazie ad una visione univoca del “successo”, non fanno più.

Perché se fosse vero che accogliamo non avremmo avuto il “problema” Lizza: i bambini senesi non si sentirebbero insicuri a giocare ascoltando lingue diverse parlate da persone che, semmai, accudiscono il proprio nonno o gli servono hamburger e gelati o vengono a riparargli impianti elettrici a casa, ma verrebbero spinti dalla curiosità – lasciati liberi di esprimere la loro innata “meraviglia” – a comprendere le diversità, qualità questa che ha fatto grande l’Italia, non “integrando”, quando integrare significa uniformare, ma accogliendo appunto in sé quelle diversità.

Infine Direttore, una provocazione: non è ruolo naturale del giornalista essere “cane da guardia” del potere? Di quel potere che universalmente tende ad usare la suggestione proprio per non far percepire la realtà? Una realtà, ad esempio, che porterà entro l’autunno – e non lo diciamo noi ma gli analisti – a probabili sconvolgimenti epocali se non addirittura a rischi di guerre civili negli Stati Uniti (vd. riunioni notturne del Congresso U.S.A. a maggio, altra omissione dei media mainstream) a causa della situazione finanziaria.

E allora, parlare di sicurezza e mettere l’accento sulle “invasioni” non può risultare un modo per distrarre e veicolare i sentimenti verso “altro”, trasferendo le responsabilità verso “gli altri”? E sottolineare l’italianità garibaldina di un parco senese non rischia di essere parte di questo pericolosissimo gioco?

Grazie per l’attenzione. Il Gruppo MediAzione – https://mediazione.wordpress.com/

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